Nei giorni scorsi ho passato ore al computer guardando le foto e i video della nascita di Baby G! Sono passati due anni, eppure il ricordo di quel giorno è vivido, come se fossero passate solo un paio di ore. Quella sera io, mia madre e mia sorella eravamo a casa ad impastare e preparare cartellate, un dolce tipico natalizio pugliese. Era il 16 dicembre e mancavano un paio di giorni alla mia data presunta. Mia zia, che fa l’ostetrica a Roma, era stata qui fino a poche ore prima e mi aveva detto che secondo lei era davvero questione di pochissimo. Ma non sapevo quanto poco… Passate le dieci, forse anche le dieci e mezza, mia madre e mia sorella sono andate via. Io ho rimesso un po’ d’ordine e ho cominciato a prepararmi per la notte. Sono andata in bagno e… mi si sono rotte le acque, proprio mentre ero seduta sul water!! :D Ho immediatamente richiamato Andrea, mia madre e mia sorella, che erano appena entrate in casa. Quando sono arrivati, ho finito di preparare il bagaglio per l’ospedale e scritto al mio ginecologo, perché, pur avendo rotto le acque, non avevo ancora alcuna contrazione. Lui mi ha detto di andare subito in ospedale, per farmi visitare. Alle undici e mezza eravamo in ospedale: pronto soccorso e da lì visita in reparto per verificare che le acque si fossero davvero rotte. E le contrazioni sono iniziate… sentivo il dolore, ma soprattutto, quello a cui continuavo pensare era che stavo per incontrare il mio piccolino! E non vedevo l’ora! A mezzanotte mi hanno portato nella mia stanza, mi hanno fatto preparare e mi hanno detto di aspettare che le contrazioni si facessero più regolari ed intense. Ecco, durante il corso preparo mi avevano detto che il dolore che avrei sentito mi avrebbe portata al limite di me stesse. E quel dolore non mi sembrava ancora tale, per cui aspettavo. Fino a quando Andrea non mi ha detto di andare a chiedere alle ostetriche come mi dovevo comportare. Sono andata e mi hanno visitata: ero già dilatata di quasi 4 cm per cui dovevo decidere subito se volevo l’epidurale oppure no, perché mi avrebbero immediatamente trasferita in sala parto. Ho detto di no, perché la paura dell’ago era più grande di quella del dolore. Francamente ci sono stati momenti in cui mi sono pentita della mia decisione, soprattutto sulle spinte finali. Ma col senno di poi, credo farei la stessa scelta di nuovo…
Mi ricordo che ho guardato l’orologio quando sono entrata in sala parto ed era l’una. Alle 3:53 Giovanni è nato: 3,8 kg di amore! E mi ha cambiato la vita per sempre.
Adesso guardo il video della sua nascita e non riesco a fermare le lacrime. Per quello che è stato, per quello che non potrà essere e per quello che sarà. Lui mi ha resa una donna più forte, cazzuta e determinata che mai. Mi fa sentire ogni giorno il piacevole peso della responsabilità di avere una piccola vita che dipende dalla mia, dalle mie scelte e dalle mie decisioni. Spero di insegnargli il coraggio, la gentilezza e il rispetto. Spero che non perda mai quel sorriso e quell’allegria che adesso sono così naturali e insiti nella sua personalità. Spero che mi permetterà a lungo di baciare i suoi riccioli biondi e di strofinargli il nasino col mio.
E spero che tutte le volte che gli chiederò “Quanto bene ti vuole la mamma?” lui allargando le braccia come fa adesso risponda per sempre “Infinito”.

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